Alex Sarr è di orgine senegalese, in Italia si occupa di Turismo Responsabile.
Hai realizzato i tuoi sogni venendo i Italia?
Sono sempre stato un sognatore. Fin da ragazzo ricordo che sognavo di viaggiare, di andare a conoscere altre parti del mondo. Così, anche meravigliando i miei genitori, a 18 anni ho deciso di lasciare il lavoro e di mettermi in viaggio. Io sono rimasto quello di allora, ho fatto tanti incontri nella mia vita, ho conosciuto momenti belli e anche momenti di estrema difficoltà. Si sono avverati tanti dei miei sogni e forse anche molti di più, ma quella voglia di scoprire cose nuove e di dare una mano per cambiare il mondo c’è ancora tutta. Per questo, in forme certo diverse, il mio viaggio continua, non potrebbe essere altrimenti, io sono Elajhi (il viandante).
Cosa fai in Italia?
Gli italiani che vogliono conoscere l’Africa sono costretti a utilizzare circuiti turistici che non rappresentano un vero e proprio incontro con l’Africa. Certo, l’Africa è anche Malindi, o i centri turistici di Zanzibar, ma conoscere solo quest’Africa è riduttivo. Per questo ho pensato di far qualcosa per far conoscere agli italiani la mia Africa, in questo caso il Senegal. Così ho iniziato ad occuparmi di Turismo responsabile. Ho iniziato volendo diffondere un’idea diversa dell’Africa rispetto al modo in cui viene sempre presentata. In genere qui si dà molto risalto all’Africa come luogo di emergenza continua, di bisogno, di disperazione. Io ho cercato di impostare tutto sull’incontro tra le persone, tra la gente.
Come contribuisci allo sviluppo qui, nel paese dove vivi?
Faccio parte della Onlus “Chiama l’Africa”, un’associazione che tentava di parlare di Africa in maniera diversa, che non si limitava a proporre una solidarietà basata sull’aiuto, ma voleva far conoscere l’Africa nelle sue potenzialità e nella sua positività. Ricordo lo slogan di quando ho aderito: “l’Africa può”, tanti anni prima di Obama. Questa per me è stata una nuova opportunità che mi ha, in un certo senso, fatto scoprire di nuovo l’Africa, il mio continente.
Come contribuisci allo sviluppo nel tuo paese d’origine?
Sapevo che a Pikine – la più grande area metropolitana di Dakar – c’erano alcuni vecchi amici che si stavano impegnando per lo sviluppo del quartiere, ho pensato di partecipare e collaborare con diversi progetti. La cosa più bella è che non li abbiamo pensati noi per loro, non li abbiamo impostati dall’alto, ma abbiamo prima conosciuto le comunità locali, instaurato un dialogo con loro per poi collaborare alla realizzazione. Il progetto che continua tutt’ora è quello dell’adozione scolastica delle bambine. Esiste in tutto il Senegal un altissimo tasso di abbandono scolastico da parte delle bambine; si aggiunga a ciò il fatto che, da molti anni, il governo senegalese non dà sovvenzioni alle scuole, da qui è nata l’idea del progetto, partito nel 2003. All’inizio pensavamo di occuparci solo del ciclo elementare, quest’anno partirà un altro gruppo e abbiamo deciso di seguire le bambine fino agli studi superiori. Anche il sindaco di Pikine ha capito che è un progetto innovativo e così sono stato nominato cittadino onorario e consigliere speciale.