Il libro che vi consigliamo oggi non poteva che trattare l’argomento “sport e seconde generazioni”, in attesa dell’incontro che AMITIE ha organizzato per il venerdì 25 all’Urban Center ecco una breve descrizione di “Black Italians – Atleti neri in maglia azzurra“. Lo avete letto? Che ne pensate? Fateci sapere la vostra opinione su questo libro e magari consigliateci ancora nuove letture da consigliare nella nostra rubrica.
Il termine “Black Italians” fu a lungo utilizzato, in senso dispregiativo, per indicare e discriminare gli emigranti italiani negli Stati Uniti come in Australia. Allo stesso tempo, paradossalmente, anche gli italiani l’hanno utilizzato, con altrettanto disprezzo, per indicare gli “italiani neri e meticci”, nati e cresciuti nelle colonie e quindi non degni di essere considerati pienamente italiani. Il libro vuole ribaltare il significato di questo termine, evidenziando come i Black Italians siano parte integrante del nostro popolo, un popolo la cui storia è fondata anche sull’accoglienza e sull’integrazione di popolazioni e culture differenti. Le interviste, condotte da Mauro Valeri, raccontano le storie di 39 atleti, tra cui Fiona May, Andrew Howe, il pugile Sumbu Kalambay, il cestista Dan Gay, il calciatore Joseph Dayo Oshadogan e la ginnasta Lucy Frasca, che hanno permesso l’affermazione dell’Italia in campo sportivo internazionale. La sequenza delle storie segue una suddivisione per discipline sportive e, al loro interno, per anno di affermazione sportiva.
Ho conosciuto questa campagna durante la proiezione al Bartleby sabato scorso e mi ha subito interessato, ho iniziato a seguire il blog e a leggere qualche ost qua e là. Ho riscontrato un solo problema, forse vi siete dimenticati che anche le idee degli altri vanno integrate non solo “gli altri”. Occassione di dialogo persa, ancora una volta. Quando si tratta di utilizzare fondi europei i risultati sono buoni, e la campagna AMITIE ne è la prova, ma quando si tratta di attivare un dialogo vero con i cittadini e cercare un compromesso insieme le Istituzioni si dimostrano quello che sono.
Ciao Ilaria,
Non ho ben capito a cosa ti riferisci.
Qualcosa che è accaduto al Bartleby, oppure alla campagna in generale?
AMITIE cerca di comunicare l’”altro” come risorsa, per cui, almeno nelle nostre intenzioni, c’è la volontà di
integrare gli altri e le loro idee (ammesso che si possano separare).
Non capisco se, invece, ti riferisci ai recenti fatti che hanno visto Bartleby coinvolto.
Su questo mi sento di dire, ovviamente a titolo personale, che Bartleby è una grande risorsa per questa Città e per studenti come noi.
Detto questo, però, è bene chiarire che il Comune di Bologna è Partner di AMITIE, non AMITIE.
AMITIE è una realtà che ha anche una certa autonomia, per cui, la scelta di portare la Campagna al Bartleby potevamo prenderla al di là di “come andavano le cose”.
Spero di aver risposto,
Le occasioni di dialogo sono il nostro obiettivo,
e anche questo può essere un luogo del dialogo.
Giuseppe Mandato