I luoghi dello sport e dell’integrazione

La ricerca etnografica Luoghi e Memorie dello Sport a Bologna, finanziata dalla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, ha permesso di compiere un monitoraggio dei luoghi storici e attuali dello sport a Bologna, al fine di riconoscere elementi di continuità e di rottura fra il passato e il presente.

Siamo partiti dai luoghi, dalla loro storia e dalla loro frequentazione, per captare narrazioni di persone che li attraversano. Le voci delle persone che hanno fatto da informatori per questa ricerca rendono la complessità di un racconto corale: dal bolognese sessantenne che ha partecipato alla fondazione della polisportiva del suo quartiere, al giovane senza cittadinanza che gioca a basket nel playground di periferia.

Il primo elemento di rilievo registrato è che esiste una grande varietà di luoghi dello sport: abbiamo importanti squadre agonistiche con relative scuole, associazioni sportive universitarie, realtà caratterizzate dalla presenza quasi esclusiva di giovani bolognesi a cui si oppongono altre in cui troviamo quasi esclusivamente studenti fuori-sede. E, ancora, polisportive di quartiere (che molto si sono evolute nel tempo), palestre popolari attivate da centri sociali e, infine, una costellazione di luoghi informali di intensa pratica di sport.

I luoghi che abbiamo potuto osservare differiscono molto fra di loro per possibilità di accesso, soggetti coinvolti, concezione e finalità dell’attività sportiva. Questa varietà si declina in due caratteristiche: da un lato, è indicatrice di un’offerta ricca e varia che caratterizza Bologna, dove quasi tutti gli sport praticati a livello nazionale hanno una propria rappresentanza; dall’altro, vi si può leggere una tendenza alla frammentazione, alla parcellizzazione, del tessuto sociale impegnato in attività sportive (c’è chi ha parlato, come per la cultura musicale giovanile, di una sorta di tribalizzazione dell’ambito sportivo contemporaneo). Quest’ultimo aspetto si traduce in una difficoltà a entrare in relazione, attraverso lo sport, da parte delle diverse anime della cittadinanza bolognese, che rimangono in qualche modo confinate in uno spazio sportivo costruito “su misura”. Per dirla con un esempio, se negli anni ’50 una manifestazione come il Palio Cestistico Petroniano coinvolgeva tutti i giocatori di basket della città, mescolando agonismo e informalità, oggi è più difficile immaginare iniziative “trasversali” ai diversi contesti di pratica dello sport.

Ecco un primo dato che emerge e che mette in discussione il titolo di questo abstract: l’integrazione non ha a che fare soltanto con i flussi migratori, anzi, mette in gioco questioni più ampie. I luoghi e le situazioni che riescono ad essere terreno di incontro fra espressioni diverse della città rappresentano un grande valore per la comunità nelle sue diverse anime, con i suoi diversi attriti: fra vecchi e giovani, fra periferie e centri, fra chi ha molta e chi ha scarsa disponibilità economica, fra i gruppi di ragazzi che parlano italiano e altri che abitualmente parlano fra loro altre lingue, fra chi ha la cittadinanza e chi non ce l’ha (e rischia di non conquistarla nemmeno al compimento dei 18 anni). Inutile dire che contesti capaci di favorire un mescolamento di questo genere sono molto rari.

Il tema della cittadinanza, in senso crudamente burocratico, e della qualità dell’integrazione emergono da diversi contesti in cui è forte la presenza di giovani cosiddetti di “seconda generazione” (termine che già crea una classificazione molto forte, conferendo un attributo a dei giovani nati in Italia sulla base delle origini dei loro genitori). Queste due tematiche, emerse dal campo, ci invitano a ricollocare lo sport nell’ambito più ampio del tessuto esperienziale dei suoi protagonisti. Voglio perciò concludere riportando, in forma anonima e con una lieve riformulazione sintetica, due frasi emerse dalla ricerca, capaci di condensare i due temi accennati:

«Senza la cittadinanza italiana sei escluso da molte gare, dalle gare più importanti, non conta se vinci, perché ad alcuni obiettivi non ci puoi arrivare…»

«Non c’è bisogno che qualcuno venga ad integrarci, se qualcuno vuol giocare a basket noi siamo sempre qui, in Piazza dell’Unità».

 bsket

 

 

Claudio Cadei, Antropologo, claudiocadei@gmail.com

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