Co-sviluppo e integrazione al 4° incontro del ciclo Percorsi di Cittadinanza

Lo scorso 8 febbraio si è tenuto, presso l’Urban Center, il quarto incontro del ciclo Percorsi di Cittadinanza della campagna Amitie. In quest’occasione abbiamo cercato di rispondere alle domande: Le migrazioni possono favorire maggiori possibilità di sviluppo sia nei paesi di accoglienza sia nei paesi di origine? L’integrazione nel paese di arrivo e l’impegno per lo sviluppo del paese di origine si rafforzano a vicenda?

Il tema del co-sviluppo e della sua relazione con i processi di integrazione e partecipazione alla vita pubblica dei migranti ha fornito un’importante occasione di confronto fra soggetti diversi come Enti Locali, ONG, Associazioni di migranti e ricercatori, impegnati a diversi livelli in progetti di cooperazione che coinvolgono i migranti.

Per co-sviluppo, infatti, ci si riferisce comunemente all’insieme delle politiche e delle pratiche che vedono la partecipazione dei migranti e delle loro comunità nell’implementazione di iniziative e progetti miranti a promuovere lo sviluppo economico e sociale sia nei loro paesi di origine, sia in quelli di destinazione, contribuendo quindi a sottolineare la fondamentale interdipendenza traterritori nei processi di sviluppo.

I lavori sono stati aperti da Bruno Riccio (Professore di Antropologia Culturale presso l’Università di Bologna) che ha introdotto il tema dell’incontro e il “nesso fra migrazioni e sviluppo”. Il possibile contributo dei migranti al miglioramento economico e sociale dei propri paesi di origine ha acquisito, negli ultimi quindici anni, una posizione centrale nella cooperazione internazionale. Talvolta esso ha assunto anche i tratti di un discorso dominante nelle politiche di cooperazione allo sviluppo, in sintonia con una retorica neoliberista che esalta la capacità individuale del “fare da sé” rispetto al ruolo delle istituzioni pubbliche nel promuovere lo sviluppo. Importante ricordare come le esperienze di co-sviluppo possano produrre anche effetti inattesi sia nei contesti di arrivo che in quelli di provenienza dei migranti, e quindi tutti i partecipanti sono stati invitati a riflettere su questo aspetto.

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Eugenio Gentile (Ufficio di Piano del Comune di Bologna) ha presentato i dati più recenti sulla presenza di immigrati, che al 31.12.2011 ha raggiunto ben il 14,6% della popolazione del Comune di Bologna. Il territorio provinciale bolognese mostra anche un tessuto associativo molto sviluppato con 110 associazioni di immigrati e 43 associazioni per immigrati, di cui la maggior parte impegnate in attività rivolte alle esigenze dei migranti nel contesto di arrivo, ma alcune di esse si dedicano anche ad attività di cooperazione allo sviluppo nei paesi di origine.

Ilaria Cicione (COSPE), ha raccontato come nell’ambito del progetto CoMiDe – Intiative for Migration and Development, teso ad incentivare la formulazione di politiche migratorie e per lo sviluppo coerenti a livello nazionale e comunitario, siano stati organizzati vari incontri con Associazioni di migranti e ONG del territorio, finalizzati alla costruzione di una visione comune sul nesso migrazione e sviluppo e alla definizione di azioni congiunte di lobbying, sensibilizzazione, ecc. Da questo percorso è emersa la prioritaria questione del miglioramento delle condizioni di vita dei migranti nel contesto di arrivo, da intendersi anche come precondizione alla realizzazione di progetti di co-sviluppo. L’accento è stato posto anche sulla necessità di ripensare l’idea stessa di sviluppo alla base delle politiche di cooperazione.

Caterina Sarfatti (Ufficio Relazioni Internazionali del Comune di Milano) ha sottolineato come, in un contesto come quello milanese in cui la storica amministrazione di centrodestra non è mai stata sensibile ai temi legati all’immigrazione, il Bando per il co-sviluppo, promosso dal Comune di Milano a partire dal 2007, sia stato un fondamentale strumento di rafforzamento della cittadinanza attiva (se non formale, almeno praticata) dei migranti, che ha permesso loro di imparare a rapportarsi con gli Enti Locali e di acquisire vere e proprie competenze politiche.

Quest’esperienza è stata condivisa con altri Enti Locali nel Gruppo di Lavoro “Oltre le rimesse” al Forum Cooperazione 2012 che, purtroppo, non ha avuto seguito anche a causa del persistere di separazioni e contrasti fra le politiche sull’immigrazione e le politiche di cooperazione a livello nazionale e locale. La risoluzione di questo contrasto è quindi prioritaria perché se da una parte le politiche di co-sviluppo necessitano di una riforma della legge sulla cittadinanza, dall’altra le politiche per l’inclusione devono inevitabilmente considerare i contesti di origine dei migranti.

Rossana Preus (Dipartimento Cooperazione Internazionale, Regione Emilia-Romagna) ha ribadito l’importanza del ruolo che gli Enti Locali e regionali possono giocare nel favorire il co-sviluppo in un ottica intersettoriale con le politiche di inclusione dei migranti, anche nei paesi di origine. Gli Enti Locali, quindi, non devono essere solo semplici co-finanziatori dei progetti, ma devono definire le linee d’azione insieme ai soggetti della società civile e coordinare le attività spontanee delle Associazioni dei migranti attraverso lo strumento dei Tavoli Paese, che andrebbe ulteriormente potenziato, e favorendo la federazione di diverse associazioni, come mostra il caso della Rete FARE – Forum delle Associazioni Albanesi in Emilia Romagna.

Ad aprire la sessione dedicata alle testimonianze del mondo dell’associazionismo è stato Mohamed Rafia Boukhbiza (Associazione Sopra i Ponti) che ha sottolineato l’importanza che i progetti di co-sviluppo hanno avuto nell’innescare processi di cambiamento sociale nei villaggi marocchini, dove i rapporti di potere con le istituzioni locali sono stati in parte riformulati a favore del potenziamento della società civile.

Andrea Tolomelli (CEFA Onlus, partner di Sopra i Ponti) ha rimarcato l’importanza del costruire reti con altre associazioni partendo dalle pratiche, cercando in questo modo di riequilibrare meglio il rapporto con soggetti più strutturati e preparati come le ONG.

Ouissal Mejri (Associazione PONTES Italia) ha presentato assieme ad Alice Fanti (CEFA Onlus) l’esperienza dei progetti appena avviati in Tunisia rivolti principalmente ai migranti di ritorno. Se da una parte l’Associazione PONTES ha svolto un fondamentale ruolo di mediatrice con il contesto tunisino, specialmente nel delicato periodo post regime, dall’altra il CEFA ha aiutato la neonata PONTES a consolidarsi, anche per far fronte al boom di richieste di aiuto da parte dei migranti tunisini giunti in Italia dopo la caduta di Ben Ali.

Matilde Marchesini (Associazione MANI di Parma) ha descritto la collaborazione instaurata con la Comunità dei Senegalesi di Parma e Provincia, la quale ha svolto un’azione fondamentale per la creazione di un partenariato di diversi attori italiani e senegalesi impegnati in azioni di co-sviluppo. La capacità propositiva e relazionale della Comunità Senegalese mostra come
le associazioni di migranti possano essere non solo portatrici di bisogni, ma anche attori del cambiamento politico e sociale. Nel contesto di arrivo, infatti, i migranti hanno conquistato credibilità e spazi di azione anche sulle politiche sull’inclusione, mentre il ruolo centrale delle associazioni femminili nel contesto di origine ha prodotto una messa in discussione dei rapporti di potere interni alla comunità senegalese sia qui che là.

Il compito di trarre le conclusioni è stato assegnato a Petra Mezzetti, ricercatrice del CeSPI, un centro di ricerca indipendente che ha collaborato a diversi progetti di co-sviluppo in Lombardia. Sulla base dei casi osservati in questi anni, Petra Mezzetti ha rilevato come il principale effetto inatteso dei progetti di co-sviluppo sia stato quello di costituire un’opportunità di accesso alla sfera pubblica e quindi di partecipazione politica sia nel contesto di arrivo che in quello di origine. Naturalmente, questo processo è anche carico di criticità ed ambivalenze: ad esempio, le asimmetrie fra attori diversi, come Associazioni di migranti e ONG, esistono, ma le differenze andrebbero considerate come capacità complementari. Diversi casi hanno mostrato che la collaborazione per la realizzazione di iniziative di co-sviluppo ha portato le prime ad acquisire maggiori competenze organizzative e gestionali, mentre le seconde hanno reso più flessibili le loro modalità d’azione e hanno conquistato una maggiore visibilità prendendo posizione sulle questioni legate all’immigrazione nel contesto di arrivo.

Infine, un pensiero affettuoso va a Selenia Marabello, antropologa che avrebbe contribuito utilmente alla discussione con la sua analisi sui punti di forza, sulle criticità e i risultati inattesi del progetto Ghanacoop, ma che purtroppo, per motivi di salute, non ha potuto essere presente.

Elisa Nobler

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